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stampa questa pagina [versione printer friendly] La sfida della mente
Le fiabe rappresentano un percorso psicologico in cui compaiono le scelte della psiche che nel processo di maturazione deve affrontare il difficile compito dell'integrazione del Bene con il Male.
di Michela Gentili m.gentili@alice.it
Da bambini ci facevano compagnia. Ora che siamo cresciuti, possono aiutarci a capire chi siamo. Perché le favole rappresentano lo specchio del nostro inconscio. Per capire che cosa si nasconde dietro all’incantesimo del principe Ranocchio o perché la matrigna di Cenerentola ci fa ancora paura, abbiamo chiesto alla psicanalista Carla De Gennaro di spiegarci il valore simbolico di maghi, principi e matrigne. Un viaggio nel mondo della fantasia che diventa un percorso reale all’interno del nostra psiche.
Ma le favole parlano davvero di noi?
Sì, perché si inseriscono in un inconscio collettivo che è lo stesso per tutta l’umanità. Ogni storia individuale si radica su una psiche oggettiva, comune a tutti gli uomini e a tutte le epoche. Proprio su questo principio, composto da archetipi universali, si fondano le favole. Questo spiega la ricorrenza di personaggi, immagini e situazioni.
Che struttura deve avere una favola per essere tale?
Si compone essenzialmente di quattro fasi: l’esposizione, lo sviluppo, il culmine e lo scioglimento. L’esposizione è la contestualizzazione della favola che si svolge sempre in un luogo (un regno) e in un tempo (una volta) indefiniti perché la storia possa mantenere la sua validità e il suo valore archetipico al di là delle contingenze. Segue poi lo sviluppo della trama (una ragazza che non si vuole sposare, un principe che ha perso la fidanzata) che contiene sempre al suo interno un momento di svolta, detto culmine o peripezia (un mago che indica al protagonista il castello in cui è nascosta la principessa). La favola si conclude con lo scioglimento, una soluzione che di solito si attua con la formula “vissero felici e contenti”.
Che cosa rappresenta questo percorso?
È una metafora del processo di individuazione che ci aiuta a raggiungere la totalità della nostra psiche. Tutti i personaggi della fiaba rappresentano un aspetto dell’inconscio, sono figure archetipiche che devono essere integrate nella storia.
Anche quelle negative?
Certo. Questo processo verso la totalità include anche il Male che spesso è la forza motrice dell’evoluzione: costringe l’Io a crescere facendolo uscire da un paradiso terrestre illusorio. Le figure negative sono quindi uno strumento importante del processo di individuazione: l’incontro di Hansel e Gretel con la strega malvagia serve ai due protagonisti, che simboleggiano un Io immaturo, a crescere e consolidarsi. Un percorso completo presuppone un lieto fine che integri tutti gli elementi, compresi quelli malefici e diabolici. Per questo le favole finiscono sempre bene: quando il male viene reintegrato significa che è stata raggiunta la totalità della psiche.
Perché c’è sempre un amore o un matrimonio che viene ostacolato?
I protagonisti sono spesso una coppia che si è perduta, un uomo e una donna che devono ricongiungersi. Questo processo di ritrovamento rappresenta il nostro sforzo di integrare l’animus e l’anima, la parte maschile e femminile della nostra psiche. L’uomo, che è principalmente animus, cioè pensiero e razionalità, deve cercare di stabilire un rapporto positivo con la propria anima, che è fondamentalmente eros, sentimento. Al contrario, la donna anima dovrà cercare di far pace con la sua parte animus, composta di razionalità e discernimento. Per questo uno dei temi fondamentali è quello del matrimonio ostacolato: la coppia che deve ricongiungersi rappresenta queste due parti della nostra psiche.
Spesso bisogna sciogliere un incantesimo. Che cosa significa?
L’incantesimo simboleggia la perdita dell’Eden, della nostra natura incontaminata. Il principe Ranocchio e le fanciulle Cigno sono stati trasformati in animali perché la loro natura primordiale si è corrotta: l’Eden, in cui la psiche era completa, è scomparso e l’essere umano caduto sulla terra deve ritrovare la sua metà perduta. Così, bisognerà riconquistare la percezione originaria sciogliendo l’incantesimo: il bacio del principe sveglierà la Bella Addormentata e l’atto d’amore di una donna restituirà al Ranocchio le sembianze di un principe. Quando l’incantesimo finisce, l’animus e l’anima possono finalmente ricongiungersi.
E i personaggi positivi che aiutano il protagonista che cosa rappresentano?
La fata, il mago, il vecchio saggio e gli animali magici sono forze evolutive, elementi spirituali in senso psichico che avviano e promuovono il cambiamento. Trasformando la carrozza in zucca e regalandole un vestito per il ballo, la fata di Cenerentola interviene sul mondo psichico della fanciulla aiutandola metaforicamente a raggiungere il principe. Questi personaggi buoni rappresentano l’energia produttiva dell’inconscio che ci porta verso il Sé: sono spinte vitali e trasformative in grado di bilanciare le parti ombra che ostacolano il nostro cammino.
Quali sono invece le figure negative e che ruolo hanno all’interno dell’inconscio?
La più comune è la matrigna, che rappresenta un complesso materno negativo, cioè un cattivo rapporto con la madre. Solitamente ne è vittima la donna, difficilmente infatti nelle fiabe si trovano uomini maltrattati da una matrigna. Il rapporto con la madre è più conflittuale nella figlia, perché tra due figure dello stesso sesso si crea rivalità: per questo la matrigna è sempre gelosa e invidiosa. Ma nelle fiabe spesso appare anche una strega, che per la donna può rappresentare una parte ombra rimasta poco sviluppata oppure gli impulsi malvagi e repressi della psiche. Per l’uomo, invece, simboleggia un’immagine degradata e pericolosa di femminilità. Possiamo poi ritrovare l’archetipo dei genitori snaturati, come quelli di Pollicino che non possono sfamare tutti i figli e lo abbandonano nel bosco. In questo caso si tratta di un complesso negativo che comprende entrambi i genitori. Vi sono infine varie figure ombra che ostacolano il processo di reintegro della psiche, come il diavolo, lo stregone, il mago: rappresentano aspetti di cui abbiamo paura legati agli istinti, alle pulsioni, alla sessualità. Per completare il processo di individuazione del Sé, utte queste forze devono integrarsi in un lieto fine.
È possibile, quindi, curarsi con una fiaba?
Analizzando una favola preferita si può rintracciare il panorama interno di una persona. Con la tecnica dell’“amplificazione”, durante la terapia il paziente può imparare a ritrovare nelle favole i suoi comportamenti tipici. Non va dimenticato, però, che questo passaggio di livello può portare fuori strada: le favole possono rappresentare metaforicamente i problemi ma non devono mai costituire una scappatoia per eluderli.
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