Il sogno e il maestro

Satoshi Kon è abilissimo nell'animare la materia dandole i colori e le connotazioni dei sogni. Le sue immagini animate catturano tutti, adulti e ragazzi.  Regista versatile e rigoroso, ci regala quelle che lui definisce "alluvioni di colori" e traforma ogni pellicola in un viaggio indimenticabile...
di Kusanagi



Con solo quattro pellicole e una serie televisiva al suo attivo, il regista Satoshi Kon si è imposto all'attenzione del pubblico e della critica come un maestro indiscusso dell'animazione e della cinematografia contemporanea, per la sua innata abilità di dar materia al sogno, creando immagini oniriche vivide come la realtà, capaci di entusiasmare e commuovere anche lo spettatore più smaliziato.

Chi si trova ad assistere all'inesauribile fabbrica di immagini del suo cinema, si trova avvolto in uno spettacolo affascinante per l'occhio e stimolante per la mente, e viene trascinato suo malgrado nella fantasia dell'autore come se si trovasse letteralmente a vivere un sogno ad occhi aperti.

Ciò che infatti contraddistingue l'opera di Kon, sin dai tempi del suo primo lavoro, la sceneggiatura di uno dei tre episodi che componevano il film Memories, dal titolo La Rosa Magnetica, da lui scritto a partire un racconto del maestro Katsuhiro Otomo, è proprio la sua particolare predilezione per l'intreccio tra realtà e sogno, e la profonda riflessione sulla natura delle diverse realtà, quella percepita dai sensi e quella invece sognata, immaginata con l'occhio della fantasia, che nelle sue opere viene rappresentata in maniera vivida e reale almeno quanto la prima.

Una tematica, quella del sogno e della fantasia , che caratterizza la sua produzione sin dagli esordi, sia che si tratti di esplorarne il rapporto con la psiche , come negli incubi di Perfect Blue, sua opera prima, o quello con il cinema e la storia, come in Millennium Actress, o con il potere della fantasia libera da qualsiasi costrizione, come in Paprika.
L'abilità dell'artista, appellativo che si addice con pieno merito a Kon, sta proprio nel sottolineare, con varie sfumature e declinazioni, quell'immenso potere che risiede nella capacità dell'uomo di sognare e al contempo l'intrinseca impossibilità della natura umana di fare a meno di quell'indispensabile espressione del cervello umano che è la fantasia.

Un obiettivo che il regista raggiunge anche giocando coi generi dell’immaginario cinematografico, come fossero diversi modi di raccontare la stessa storia, abilità che gli ha permesso di passare agevolmente dal thriller di Perfect Blue, con espliciti rimandi a maestri come Alfred Hitchcock e David Lynch, al film storico e nostalgico con Millennium Actress, in cui nel rievocare la carriera di una star del cinema si ripercorrono secoli di storia giapponese.



Fino ad arrivare a Paprika, in cui un contesto da thriller fantascientifico è sfruttato per una divagazione sul potere della fantasia, del cinema, e sui pericoli insiti in qualsiasi tentativo di censurare ed imbrigliare l'immaginario collettivo da parte del potere con mezzi tecnologici più o meno leciti.
Proprio quest'ultima pellicola è quella su cui concentreremo di più la nostra attenzione, essendo sia una summa delle sue opere precedenti che quella in cui il regista celebra in maniera più ricca e compiuta l'importanza del sogno come ponte tra la realtà e l'immaginazione, e il suo intrinseco legame con l'arte cinematografica, detta non a caso “la fabbrica dei sogni”.

Se esiste un sogno lucido, deve esistere anche una realtà lucida

Partendo dallo spunto iniziale dato dalla creazione di un'apparecchio tecnologico, la DC mini, che consente non solo di registrare i sogni delle persone, ma anche di interagire attivamente con essi da parte di un operatore esterno, in Paprika il sogno è inizialmente visto in maniera freudiana come una porta sull'anima, un mezzo per esplorare la psiche umana ed intervenire per correggere le ossessioni o rimuovere i sensi di colpa.


Un'aspetto che viene reso esplicito nella pellicola anche attraverso il rapporto conflittuale che lega la protagonista, la dottoressa Atsuko Chiba, al suo alter-ego onirico, la Paprika del titolo appunto, rapporto che simoboleggia l’eterno contrasto tra la realtà e il desiderio, tra razionalità e fantasia, tra freddo pragmatismo e scatenata immaginazione, due facce di quella stessa medaglia che è l’essere umano nella sua complessità-
Non a caso una delle scene più belle di tutta la pellicola è quella in cui le due “metà” cominciano a dialogare, dapprima con Paprika come immagine allo specchio, quando ancora realtà e sogno sono distinti, e in un secondo tempo come due entità ben distinte quando ormai il sogno ha invaso la realtà, e la parte onirica ha assunto la stessa importanza di quella reale.

Perché? A lei non piacciono i film?


Mentre la trama si sviluppa e il sogno invade sempre più gli spazi della realtà, prende spazio anche un'altra tematica del regista, che caratterizzava anche i suoi precedenti lungometraggi, ovvero lo stretto legame che intercorre tra sogno e cinema, un legame che trova espressione in svariati modi, come ad esempio nella sequenza in cui il “corteo di tutto il possibile” (la definizione è del regista stesso) entra in una sala cinematografica, o in quelle i in cui i sogni dei protagonisti si trasformano in set hollywoodiani, o ancora nelle sequenze in cui i personaggi entrano nel sogno rompendo quella “quinta” che separa il mondo reale da quello dell’immaginazione, metaforicamente rappresentato proprio da uno schermo cinematografico.


Significativo in tal senso è il rapporto tra Paprika e il commissario Konakawa, con un sogno del quale si apre la pellicola, un sogno ambientato nel mondo del circo, con espliciti riferimenti a Fellini, altro grande maestro del cinema onirico, e al Cecil B. De Mille de Il più grande spettacolo del mondo.
Infatti per il personaggio di Konakawa, fin dall'inizio tormentato da un sogno senza conclusione, dietro al quale si cela un trauma che lo spinge a rifiutare il mondo dei sogni per eccellenza, ovvero il cinema, Paprika svolge un fondamentale ruolo di guida spirituale.
Aiutandolo infatti a riconciliarsi simbolicamente con la rappresentazione dei sogni di celluloide lo aiuta a superare un trauma reale, e non a caso la pellicola si conclude proprio con il commissario che entra in una sala cinematografica.

“Secondo me impiantare sogni nella testa della gente è un' atto di terrorismo”

Altro aspetto finora trascurato, ma fondamentale in quello che si può considerare a tutt'oggi il capolavoro di Kon, in Paprika è presente un profondo atto d'accusa contro i sistemi culturali che hanno come fine ultimo quello di controllare ed incanalare la fantasia individuale, uniformandola ad un modello imposto, sottolineando come questo sia uno strumento per privare gli individui di quella libertà fondamentale che è la possibilità di coltivare sogni e fantasie del tutto personali.



Venendo infine a quello che è l'aspetto puramente tecnico della realizzazione del film, non certo trascurabile per una pellicola in cui l’animazione raggiunge tali livelli di perfezione, Nobutaka Ike, direttore artistico di tutti i film di Kon, ha dichiarato durante un’intervista che, seguendo precise indicazioni del regista, la realtà in Paprika viene rappresentata con toni morbidi e definiti, mentre il sogno e' vivido, brillante, risultato ottenuto attraverso una tecnica figurativa che lui stesso definisce come un’autentico “alluvione di colori”.

Esempio memorabile di tale tecnica è senza alcun dubbio quel già citato “corteo di tutto il possibile”, simbolica sequenza che compare ciclicamente in Paprika, e che rappresenta la forza inarrestabile con cui sogno ed immaginazione irrompono nella realtà.
Proprio tale sequenza, in cui oggetti animati ed inanimati provenienti dalle più varie culture e tradizioni danzano in un’inarrestabile corteo attraverso deserti, foreste e città, rappresenta la più perfetta sintesi della capacità visionaria dell’autore, quel caos ordinato dalla prorompente forza immaginifica che è una delle espressioni più pure del suo genio artistico.

Perfetto connubio di arte ed immaginazione, sapienza tecnica e ricchezza di contenuti, il cinema di Satoshi Kon e' tutto questo: una gioia per gli occhi, una rutilante ed incessante fabbrica di immagini oniriche, di invenzioni visive, un luogo dove i confini tra sogno e realta' si confondono via via fino a scomparire completamente, fino a farci diventare protagonisti di un sogno collettivo, vissuto nel buio della sala, ad occhi spalancati su un mondo che non esiste ma che il talento di Kon sa rendere altrettanto vero e tangibile di quello reale.

Filmografia:

Kanojo no omoide (Memories ep. 1) (La rosa magnetica - Memories, ep. 1), film, 1996 – sceneggiatura, direzione artistica, layout
Perfect Blue (Perfect Blue), film, 1997 – regia e character design
Millennium Actress (Millennium Actress), film, 2001 – soggetto, regia e character design
Tokyo Godfathers (Tokyo Godfathers), film, 2003– soggetto, regia e character design
Moso Dairinin (Paranoia Agent), serie TV, 2004 – soggetto e regia
Paprika (Paprika - Sognando un sogno), film, 2006 - sceneggiatura e regia




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