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Numero 2



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Dossier: Il viaggio dell’eroe

Editoriale


di Francesca Pacini

 




Cos’è il viaggio dell’eroe? È un percorso che può essere esterno o interiore, che gratta la superficie levigata delle cose per cercare la ruvidezza, la profondità, la pietra nascosta. Eroi non sono solo quelli che hanno cambiato la storia, i personaggi importanti che campeggiano sui libri di storia o che ci parlano nelle leggende.

Eroi sono anche gli uomini comuni che  attraverso un viaggio individuale hanno scoperto e cambiato qualcosa di sé.

 

L’eroe è qualcuno che cerca qualcosa, e che per trovarla si mette in viaggio. Un viaggio vero alla scoperta delle geografie interiori che spesso sono stimolate (ma non sempre) da quelle esterne. “Non vivere su questa terra come se fossi un inquilino”, scriveva il poeta turco Hikmet in una bellissima poesia dedicata a suo figlio Memhet. È questa la differenza tra il viaggiatore e il turista.

 

 Gli eroi detestano il turismo  “pantofolaio” del mondo moderno (per quanto si fa finta di viaggiare in realtà si cambia solo latitudine e longitudine) al quale  preferiscono la migrazione dell’anima, dettata da nomadismi più o meno inquieti ma che hanno tutti la stessa meta, ovvero la non meta di un viaggio che non termina mai, impossibilitato a esaurirsi finché durerà l’esistenza. L’eroe è un cercatore di qualcosa di profondo e mobile, suggestivo come le note di un tango in cui si diffonde la malinconia dell’amore che cerca sé stesso.

 

Ed è nella mobilità che a un certo punto si incontra la stasi, quel luogo quieto e tranquillo in cui l’essere per un impercettibile attimo trova la fiamma antica, l’inestinguibile segno della sua identità reale, al di là delle maschere che la personalità si appende addosso come in un carnevale senza tregua, né sostanza.

I popoli antichi ci hanno tramandato fiabe  leggende in cui c’è sempre qualcuno che deve partire per sfidare mille pericoli prima di tornare a “casa”, cioè nel luogo interiore in cui brilla la fiamma che accende ogni essenza.

 

Il viaggio comporta sfide e disagi, come accade al Guerin Meschino che si innamora di una principessa ma deve fare i conti con un’abile maga.

 

Lo sapevano bene Bruce Chatwin e Tiziano Terzani, diversissimi ma accomunati dalla stessa fame di vita.

Dai loro viaggi è nata una nuova consistenza dell’essere.  Irrequieto, fantasioso, nevrotico, Chatwin fa comunque del viaggio letteratura, nella sua scrittura  la creatività anima percorsi  in cerca del particolare straordinario, di un ritratto del mondo che sfugge oggi ai turisti diffusi a macchia d’olio nel globo. Chatwin aveva "occhio e orecchio prensile", come scrive Calasso nella sua prefazione a Sentieri tortuosi, libro che racchiude le foto scattate dallo scrittore inglese durante i vsuoi iaggi.

 

 Nella vita di Terzani invece una virata improvvisa scuote il moto rettilineo della ragione e trasforma il cronista storico, il giornalista che “sul campo” fruga nella realtà dei fatti,  in un uomo alle prese con percorso fatto di tornanti e di movimenti circolari che ruotano su sé stessi per ritornare, uguali e diversi, al punto di arrivo. Ma questi uomini sono stati viaggiatori veri. Il turista oggi consuma il mondo come se fosse in un immenso Mac Donald Globale; lo aggredisce a morsi di cui non resta neppure la memoria dell’atto compiuto. La patinatura della modernizzazione ricopre il mondo, ne leviga i luoghi impervi, occulta la differenza, annulla il mistero della diversità. Difficile, per gli eroi, viaggiare in cerca di una maggior comprensione di sé e del mondo.


 
Ma si può anche viaggiare stando fermi, come fa Marie Cardinal nel lettino del suo analista, affidando alle parole il compito di Caronte che la traghetta nelle zone buie della sua esistenza, là dove le parole solitamente si arrendono e fuggono via.

Anche Christian Bobin, scrittore francese di straordinaria profondità, sa che le migrazioni possono essere anche…immobili. Sa che nell’andare in verticale si incontrano le stesse, magnifiche cose in cui imbatte chi procede in orizzontale.

 

Gli eroi dei miti e delle leggende ci hanno indicato un tragitto, la necessità di “partire” per incontrare i nostri mostri, le ombre psichiche e spirituali che ostacolano, se non affrontate, la pienezza (o il vuoto, che in questo senso è la stessa cosa) interiore in cui l’uomo conosce davvero sé stesso.

Ieri il viaggio era più impegnativo di oggi, ecco perché gli eroi sono forse in declino.

 

 Alle battaglie quotidiane che lo impegnerebbero troppo oppone una resistenza passiva, abituale, organizzata secondo i metodi imposti dalla società. Scomparsi gli dèi e gli eroi antichi; uccise le fiabe dalle aggressioni della ragione e dalle ragioni del consumismo che impone certe trame “vincenti”; tramontati gli uomini, laici e non, che hanno osato camminare in lungo e in largo nel mondo scrutandolo per penetrarne i segreti, o che, fermi nel silenzio delle loro abitazioni, hanno navigato gli oceani interiori salpando verso le regioni più inaccessibili, là dove il viaggio si fa carne e dolore, assume la consistenza palpabile dei mostri stanati, dei draghi che vivono nelle grotte oscure e che custodiscono i misteri del fuoco, delle ombre in cui ci si accorge della  caverna platonica, generatrice perpetua delle illusioni, e si prosegue oltre, in cerca di quella fonte luminosa che restituisce la verità oltre ogni apparenza.

 

Non si può avere la fortuna di Galahad e trovare il Graal, e tuttavia  ci sono uomini e donne che con i loro viaggi hanno sfiorato parti dell’anima, preso confidenza con le affinità elettive  tra sé e quel mondo allo stesso tempo magnifico e terribile che hanno voluto percorrere.

Il pescatore della storia della Donna Scheletro,  antica fiaba inuit, per trovare l'amata (che nei simboli è sempre la parte "gemella" dell'anima, intesa anche come completamento spirituale) deve fare i conti con il mondo umbratile, con la paura, con le parti sepolte e dimenticate. Abbracciare lo scheltero fa paura. Ma solo, solo l'amore può generare il calore necessario per animarlo nuovamente di vita.   



Ogni giorno ognuno di noi può decidere se essere un eroe in viaggio  o un vigliacco che si accontenta della banalità propinata da un mondo che chiede di non pensare, non sentire, non essere; i sentieri sono lì per essere attraversati, le mappe che disegniamo sono zone da esplorare con la mente e soprattutto con il cuore, sfidando, ognuno, i propri limiti, i mostri personalissimi che si agitano dentro sigillando la porta il cui varco, che ne siamo consapevoli o meno, ci attrae da sempre. Per varcarlo dobbiamo fare certi tipi di incontri. E ogni pezzettino di terra interiore che si conquista è un piccolo arricchimento.   
Abbiamo paura? Certamente. Altrimenti non possiamo avere neppure coraggio...