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Numero 17



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Simboli, miti e verità...riflesse


Grande conoscitore del simbolismo nel mondo antico, Claudio Lanzi ci racconta la cultura dello specchio nelle tradizioni di un tempo. Fra miti, riti e magia, un percorso più che mai attuale. Nel quale tutti possiamo specchiarci. 

di Francesca Pacini


Come e dove nasce il simbolismo dello specchio? In quali culture troviamo le sue tracce più pregnanti?
Da dove vuoi che cominciamo? Se esiste un simbolo complesso, denso di enigmi, interconnesso con il mito e la storia di tutte le tradizioni, questo è proprio lo specchio. 
Fare un riassunto diventa complicato. 
E se non ti spiace, mi permetto di… autocitarmi sia nell’articolo dedicato agli specchi sul sito Simmetria e sia nel mio ultimo libro Sedes Sapiente dedicato nientepopodimeno che alle cattedrali.
Infatti, la prima “esperienza specchiante” non inizia con le superfici levigate metalliche ma con la superficie calma dell’acqua, dello “stagno”. 
Se ci pensi, lo stagno è un metallo, ma è anche un laghetto, dove l’acqua è, per l’appunto… stagnante, cioè immobile. 
Interessante questo parallelo apparentemente banale, vero? 
In quella superficie si guarda Narciso, ma si guardano anche tutte le antiche ma giovani fanciulle, intente a lavare le loro chiome e a riordinarle in crocchie o in trecce. 
L’arte è piena di queste immagini che ricordano i miti, da Diana, a Narciso a Venere ecc...
Non esiste una cultura priva del mitologema degli specchi. 
Basta pensare alla Dea solare giapponese, Amatherasu, emblema stesso del Giappone, che viene rappresentata da uno specchio.
Anche la cultura cristiana è densa di specchi, con un significato metafisico assai ardito e complesso.
Ad esempio alla Vergine è attribuito il titolo di “speculum iustitiae” con il senso di riflesso dello ius divino.
Quindi per capirci un po’ meglio, dobbiamo anche fare qualche semplice considerazione semiologica. Specchio deriva da una radice indoeuropea, “spek”, che significa guardare. 
Il termine è foneticamente simile al sanscrito pacyami (io vedo) al greco skép, al gotico speha (da cui l’italiano “spia”). 
Ne deriva che l’arte di osservare gli uccelli (non facciamo facili battute) cioè quella dell’aus-picium che ha tanta importanza nella mitologia etrusco-latina, deriva da questo “guardare prolungatamente e con attenzione” garantito dallo specchio. 
Quindi anche il termine scientifico e filosofico “speculare” è un’attività connessa allo specchio. Potremmo seguitare a lungo, parlando dello spettatore, dello spettacolo, dello “specillo” chirurgico, ecc.

Quando ci specchiamo, otteniamo un'immagine invertita. Che riflessioni produce questo fatto?
Troppe. Quindi mi limiterei a osservare che ciò che nello specchio giudichiamo come appartenere alla sinistra è in realtà prodotto dalla destra. 
La nostra immagine viene simmetricamente invertita. 
Come se ci gettassimo sulla sabbia e poi guardassimo l’impronta. L’impronta è un negativo; è un mondo dove tutte le cose sono apparentemente nello stesso ordine in cui sono nel nostro ma cambiano orientamento. 
È un “inganno sottile” perché nulla appare più simile a noi dell’immagine specchiata, mentre in realtà si tratta di un opposto, e forse di un complemento.

Specchio e acqua, mondo femminile: quali legami?
Specchio, emblema di vanità…e ciò basterebbe. 
Ma visto che oggi si specchiano più gli uomini delle donne e che la vanità estetica è diventato un “dovere” da tronista, direi che lo specchio diventa anche emblema di confusione sessuale e di ambizione acefala.
Tradizionalmente lo specchio, così come la luna, è considerato come il raccoglitore delle immagini prodotte dalla presenza della luce. 
È quindi un riflettore radiante, non di luce propria ma di luce riflessa. 
Tale affermazione potrebbe produrre reazioni deficienti in un certo ambiente “femministeggiante”. 
Ma la riflessione di cui parlano le tradizioni (raccolte, a partire dal cinquecento da uomini straordinari quali Lullo e, più tardi, da quell’imbarazzante mago che fu Cagliostro) è una riflessione accogliente. Lo specchio accoglie, trasforma e restituisce invariato tutto ciò che gli passa davanti. 
Ma negli specchi magici si dice che la memoria delle immagini conservate sia eterna. Per cui la magia termina solo… con la rottura dello specchio.
La natura acquatica dello specchio dovrei averla parzialmente chiarita rispondendo alla tua prima domanda.

Lo specchio è considerato una porta che si apre su mondi magici. In che modo si passa... dall'altra parte?
È… una parola! Tieni presente quello che ho detto prima. 
Il mondo speculare non è necessariamente veritiero. 
Va rielaborato e “invertito” per assomigliare nuovamente al mondo che ci si è specchiato. 
Perciò tutta la tradizione mesmerica e spiritista del 1800, si ingarbuglia spesso con la magia degli specchi. 
Molti ci finirono persi, incontrando immagini la cui visione, densa di suggestioni, era l’inverso di quanto specchiato. 
E se ognuno di noi può reggere il confronto con la sua ombra (inteso come “male” o comunque come elemento oscuro), è assai più difficile reagire alla follia di ciò che viene semplicemente invertito.

Alice nel Paese delle Meraviglie ha a che fare con questo mondo?
Direi proprio di sì. 
Ma Alice è… furbissima perché utilizza tale mondo per specchiare non solo le contraddizioni della vita vista dall’altro lato della medaglia, ma anche quelle del suo inconscio. 
L’operazione di Carrol, a mio avviso, è assai più raffinata di un’operazione analitica, di un ingresso nei meandri inconsci della psiche. 
È un ingresso alla radice dell’albero: un piccolo inferno dantesco, privo di paradiso. 
Uscirne indenni non è facile.

Lo specchio è anche un oracolo? Penso alla strega di Biancaneve e allo specchio delle sue brame...
E come no! 
Anche in questo caso ti rimando al mio articolo sulla magia degli specchi, sui pozzi e sulle fontane. Biancaneve e la strega sono due aspetti di una stessa realtà. Ma il mito di Biancaneve (che non si chiama così tanto per darle un nome, ma per opporsi alla regina, che non è affatto bianca), ha anche a che fare con le mele. 
Questa è forse la parte più affascinante della fiaba perché ognuno di noi si ricorda che c’è una mela terribile all’origine della caduta dell’uomo sulla terra. 
Una mela che porta la conoscenza. Ma quale conoscenza? 
Anche lo specchio sembra portare una conoscenza e il resto… fa parte, appunto… della speculazione che ognuno di noi può fare su tale mito.

Che rapporto c'è fra gli occhi e gli specchi? Occhi specchio dell'anima, si dice...
Eh si; tutta la letteratura romantica, ma anche quella classica, indugia sugli sguardi fra gli amanti. 
A parte il fatto che, fisiologicamente, l’occhio indica una impressionante quantità di cose sulla natura umana (basta pensare a quanto ha preso piede l’iridologia, che da speculazione rinascimentale è diventata una scienza “moderna”), c’è da considerare che l’umido salino sulla superficie della cornea crea quel riflesso che ha consentito a Catullo di innamorarsi di Lesbia e a Leopardi di quella antipatica di Silvia. 
Inoltre la magia dei colori e delle screziature dell’iride concentrano in un piccolo spazio contrassegnato dall’ovale dell’occhio, un piccolo universo. 
Si chiama Iride, infatti, come la Dea e come uno dei fenomeni più spettacolari della natura, l’arcobaleno. 
Entrare in questo piccolo universo al cui centro è un puntino nero, che si stringe e si dilata per mettere “a fuoco” il mondo è un viaggio affascinante, senza fine.

Per finire, parliamo un attimo del mondo come specchio di noi...
L'individuo tende a estrarsi dalla massa e a considerarsi speciale. 
La specialità fa credere che la normalità siamo sempre noi e l’anormalità… ciò che ci circonda. 
Hai presente quelle vignette, dove c’è il matto vestito da Napoleone che guarda gli altri e si meraviglia che non lo riconoscano quale imperatore?
Beh forse la specularità del mondo è qualcosa del genere. 
L’immagine riflessa che ci perviene non ci piace. È spietata e veritiera, ma è invertita, perciò non la riconosciamo. 
Noi non possiamo essere come quella sequela di orrori che ci sono proposti nel nostro quotidiano, tale idea è insopportabile. 
L’immagine mentale di un “me stesso” buono, bello e bravo, contrasta con questo mondo di cattivi brutti e somari.
Cosa c’è che non va? Non va il modo di guardare. 
Guardar male in latino si dice “invidere”. 
E noi… invidiamo spesso un universo in cui c’è Dio al centro e tentiamo, in modo ridicolo di sostituirci a Lui. 
E quando ci accorgiamo che non funziona ce la prendiamo con Dio, o con il mondo che non ruota attorno a noi come dovrebbe. 
Mai con noi stessi e con la superbia che ci fa presumere di modificare i riflessi di quello specchio così antipatico! 
Ma questo discorso ci porterebbe molto lontano…