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Numero 12



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La maschera di Trude 

Le città turistiche sono un po' tutte uguali. E così rischiano di perdere l'anima. Il genio intellettuale di Calvino aveva compreso la china verso cui l'omologazione e la globalizzazione si sarebbero incamminate. E ne aveva scritto. Incursione sui teatri da cartolina in cui il turista trova solo un mondo plastificato...
di Donatella Plastino


Le città sono specchio delle comunità che le hanno edificate, plasmate attorno a bisogni e necessità, modellate su desideri e capricci.
Immagine visiva di idee congiunte e schizzi solitari, dell’umana genialità e distrazione.

Sono muri per separare, ponti per unire, case per fermarsi, strade da percorrere, chiese per pregare, uffici per costruire. Costruire l’oggi e il domani.
Sono sfide vinte e sforzi coordinati. Sono commedie tristi, tragedie sopportabili e mutevoli.

Ogni città fa bella mostra del cuore e della passione di chi l’ha forgiata, ma anche della stanchezza, della pigrizia, dell’abitudine. Si rivela come espressione della volontà dei popoli che la cominciarono e di quelli che poi l’attraversarono.

O almeno così dovrebbe essere.

A volte però accade che le città vengano invase da flussi incontenibili di viandanti e visitatori; tale flusso, durante il suo passaggio, contribuisce a modellarle, costruirne pezzi, modificarle su nuovi desideri e capricci.
Quando però perdono di vista le radici sulle quali si erano erette, le città si smarriscono.

E celano il loro volto dietro una maschera.

Italo Calvino, nel libro Le città invisibili scrive:
“Se toccando terra a Trude non avessi letto il nome della città scritto a grandi lettere, avrei creduto d’essere arrivato allo stesso aeroporto da cui ero partito”.

Immagina adesso di vestire i panni di un viaggiatore desideroso di nuove esperienze e di essere appena giunto alla meta del tuo viaggio.
Ti avevan parlato di una città bella, incantevole, che solo nel vederla apparire all’orizzonte l’avresti amata a cuore pieno, inebriandoti in un profumo dolce ed unico.

Eppure, dopo diverse ore trascorse a fissare i profili delle case e la direzione delle strade, proprio non riesci a riconoscerle nessuna somiglianza con l’immagine che ti eri costruito.

E’ una cittadina come tante. Pulita, ordinata, accogliente. La spiaggia somiglia a molte altre spiagge, gli alberghi ricalcano altri alberghi, i negozi son gli stessi che hai lasciato sotto casa tua.

La gentilezza delle persone e la prodigalità di indicazioni riportano alla memoria l’immagine di un grande ufficio informazioni; è gente abituata ad accogliere stranieri e viaggiatori, a donar tutto in cambio della tua soddisfazione e ricompensa.

Ma per te il tempo della vacanza è tempo prezioso; è un tempo per ristabilire equilibrio nei flussi della mente, un tempo da riempire, da arricchire.

Circondato da spazi senza nome, inutili, vuoti, ti ritrovi infine avvilito e vinto dalla malinconia.

“Puoi riprendere il volo quando vuoi, – mi dissero – ma arriverai in un'altra Trude, uguale punto per punto, il mondo è ricoperto da un’unica Trude che non comincia e non finisce, cambia solo il nome all’aeroporto”.

Calvino, descrive in poche righe tutto il dramma delle destinazioni turistiche dei nostri giorni.
Città espropriate da se stesse, vendute, usate.

Città costruite per regalare quella falsa illusione di “trovarsi a casa” ad ogni turista o viaggiatore.
Arrivi e trovi una città che stava solo aspettando te, il tuo posto è pronto da sempre, ambientarti è automatico, senza impegno e ne fatica.

Ma a cosa serve viaggiare se un luogo è uguale ad un altro luogo?
A cosa serve attraversare distanze fisiche e reali, se poi ci si ritrova nel medesimo spazio di partenza? Se lo stile di vita resta immutato? Se nulla impari e nulla raccogli?
Dove sono i segni delle comunità locali, i simboli e le identità?

Eppure anche Trude è frutto dei sogni della gente; difatti ne possiede la magia e la perversione.
Forse è stata troppo malleabile, più di quanto doveva concedersi. Non ha innalzato barriere per difendersi.
Si è adattata perfettamente al sogno confezionato e venduto da agenzie turistiche e dai vari enti promotori del territorio, si è modella attorno agli utilizzatori temporanei, pretenziosi di ritrovare in ogni luogo le medesime comodità del quotidiano.

Trude è specchio dei turisti che la usano, ne abusano per archi temporali brevi ma contigui; è marchiata da esigenze passeggere che sommate l’un l’altra divengono costanti.

Il viaggiatore che desidera un’esperienza, una relazione, una passione vera, non dovrebbe mettere piede a Trude.
L’anima e l’energia del luogo qui son celate. Non puoi confrontarti con le sue vie, trovare suggestioni e sentimenti.
L’essenza primordiale e l’autenticità son coperte da una maschera sorridente ed invitante.
Ma non troverai occhi con cui riempire di valore il tuo tempo.

Trude ha dimenticato le diversità culturali dei gruppi che si relazionano al suo interno.
Non mostra simboli collettivi, li ha smarriti, perduti, uccisi.

Si tratta di città svuotate, di relazioni finte e fittizie, che durano il tempo poco impegnativo di una vacanza. Si creano con la consapevolezza di distruggersi. Nascono già morte.

Le tante Trude del nostro tempo sono incantevoli sulle cartoline, sublimi nei sogni della gente che desidera visitarle e non c’è mai stata, sono tenere nei ricordi di coloro che negli anni le hanno abbandonate.

In quelle immagini, sogni, ricordi, sembrano uniche… ed invece non fanno altro che tentare di somigliarsi tra loro.

Trude si mette in vendita come una donna che a tutti si concede.
Calpesta i suoi desideri per accontentare quelli altrui.
Nell’accogliere tutti, perde se stessa. 

È per questo che una sensazione sgradevole ti accompagna durante la permanenza: è l’insoddisfazione che si mescola alla delusione del viaggio fallito.

Dai paradisi non si vorrebbe andar mai via, ma Trude non è un posto dove fermarsi.
Si arriva. Si sosta. Si riparte.

Qualcosa però, caro viaggiatore, continua a crucciarti.
Ti chiedi se c’è veramente qualcuno che sappia parlarti di lei, del suo profondo. Se qualcuno l’ha vista oltre la maschera che ora ne copre il viso.

Vorresti quasi fermarti più a lungo per tentare di scovarne le vere radici.

Interrogheresti gli abitanti: scopriresti che in fondo la disprezzano più di te, traditi e ignorati.
Interrogheresti coloro che ogni tanto tornano per rivederla: scopriresti che i loro cuori sono afflitti dal dolore di ricordi infranti.
Interrogheresti coloro che da lei sono stati accolti: scopriresti che un po’ la amano. Per riconoscenza forse.

Ma per scoprirne il vero segreto, servirà tempo, fatica, ricerca. Dovrai indagare nella sua storia, giungere all’origine e ripercorrerne la crescita. Trovare il momento in cui è cambiata.

Le città sono come le donne, amano sentirsi uniche e preziose.
Quando smetti di curartene diventano tristi e raccapriccianti; si imbruttiscono apposta, per tentare di farti capire la differenza tra quando le avevi a cuore e adesso che le usi e basta, che le calpesti distratto.
La città è come la donna: se vuoi renderla simile alle altre, inevitabilmente perdi le briciole della sua anima.

C’è un momento però in cui ogni Trude abbassa la maschera e si riconcilia con se stessa, rivolgendosi a colui che desidera ascoltarla.

Non a chi viene qui a consolarsi ogni volta, a illudersi di essere a casa, immergendosi nella finta familiarità. Non a coloro che continueranno a cercare le loro Trude poco impegnative per vivere spazi vuoti e svuotati.

Ma a colui che non si è fermato di fronte all’apparenza; che ne ha cercato il cuore e ha tentato di scoprire il vero nome celato dietro la maschera.

Il dramma delle nostri città tutte uguali, finte, vuote, si dissolve quando un viaggiatore decide di scavare a fondo. Di fare esperienza di città.
E’ un dramma che si risolve quando chi conosce il vero volto di Trude parla di lei e ne racconta la storia, i misteri, i segreti, la magia autentica, gli usi, le tradizioni popolari.

Nessuna Trude è perduta. Tutte possono essere salvate dall’oblio, uscire fuori dal vortice delle descrizioni tutte uguali così ben confezionate sui cataloghi o siti web turistici.

Se amate una città, dunque, parlate di lei. Nei vostri racconti, nelle pitture, nelle canzoni. Così come fanno i grandi artisti, registi, scrittori.
Parlate di lei ai viaggiatori che desiderano conoscere le caratteristiche e le particolarità che la rendono unica.

Le farete il più grande regalo che una città possa mai ricevere: le donerete un significato, la consapevolezza di se. Un’identità e un nome.